CentroX

Oramai dai qualche hanno la parola “Centro” ha assunto nuove accezioni.

Una volta significava solo quello che dice. Il centro di qualcosa.

“Andiamo in centro” ?
Ueeee che culo hai fatto centro!”
“Cerco un centro di gravità permanente”

E così via.

Ma poi qualcosa è mutato.
“Centro” ha assunto una connotazione nuova, una specie di balsamo che va a moderare concetti troppo forti.

(sì, sto parlando di politica)

É improvvisamente nato (io c’ero ma la data non me la ricordo) il concetto di Centro-Destra e Centro-Sinistra.

Non che prima non esistessero eh, sia mai.

Solo che si sono diffusi a macchia d’olio per finire sulla bocca di tutti. E da quel giorno lì tutti si sono sentiti più rasserenati nell’affrontare discussioni pseudo-politiche in luoghi altisonanti.. che ne so… tipo davanti al bancone di un bar.

“Oh ma tu sarai mica di sinistra !!”
(Presupponendo cose brutte come: russia, stalinismo, bambini morti per farci la colla, gente che non ha voglia di lavorare e , ancora peggio, attentati, Brigate Rosse, anni di piombo e morti)

“No ma cosa dici ?!?!?! Io sono di Centro-Sinistra !!!”

Ahhh ecco”

Oppure

“Oh ma sarai mica di Destra eh ???”
(Presupponendo cose brutte come: nazismo, olocausto, razzismo, fascismo, naziskin, pestaggi, manganelli e purghe, segregazione e campi di sterminio)

“No ma cosa dici ?!?!?! Io sono di Centro-Destra !!!”

Ahhh ecco”

Ecco che nessuno (in pochi diciamo) ha più le palle per dire di appartenere ad una o all’altra fazione senza l’effetto lenitivo del “Centro”.

Con quella magica parolina si esce da una posizione di imbarazzo, che ci connoterebbe come estremisti o integralisti e si entra in una sorta panacea ideologica dove “tutto sommato sempre centro è”.

Non è potente il potere taumaturgico di una semplice parolina ?

“Ma come ??!?!? mi hai dato dello Stronzo ?!?!?”

“Ma cosa dici ??!?! Io ti ho dato del Centro-Stronzo”

Ahhh ecco”

Nel ruolo di…

É bello, di tanto in tanto, rivedersi qualche puntata dei vecchi telefilm che hanno accompagnato la tua infanzia.

Non solo per quel senso lì zuccheronostalgico che ci fa dire “eh ma una volta era meglio” anche perché se rapportati alle serie odierne ci si rende conto che le cose sono cambiate di molto.

Ma una vecchia puntata di Happy Days, con la sua trama banalotta ed il giovane Richard Cunningham che trova indicibile ed insormontabili dei comuni problemi dell’adolescenza quali “quella tipa mi ha sorriso ora cosa faccio” e vaccate del genere, fa sempre piacere.

Grazie a SKY, che le ripete ad libitum, mi soffermo ogni tanto a riguardare con sorriso ebete le gesta di Fonzie e a canticchiare la rockeggiante sigla.

Giusto dalla sigla noto una cosa che aveva attirato la mia attenzione già in tenera età: sfilano i personaggi con i nomi degli attori (ma non il nome del personaggio interpretato) fino a che, quando è giunta l’ora di papà Cunningham si legge “and Tom Bosley AS Richard Cunningham“.

Quel ‘”AS” lì viene tradotto sovente in italiano come “nel ruolo di”.

Nulla di che eh, se non che l’altro giorno noto la stessa cosa nelle sigle di altre serie; pure quella di “Streghe” che stavo guardando “di sbiess” (di sbieco, intendendo mentre facevo altro – in questo caso stavo sbattendo le uova per la frittata 😀 ) noto che alla fine c’è “Holly Marie Combs AS Piper“.

E allora mi si è avviato il processo (rigorosamente in background) in testa.

Nel caso di Tom Bosley pensavo che fosse stato fatto perchè magari ai tempi (e stiamo parlando di un booooooooottttooooo di anni fa) lui era un attore famoso (anche se qui manco per la ciolla) e quindi lo si faceva notare.
Ma poi mi chiedo “se sei un attore già stra famoso che senso ha, le gente dovrebbe già ricordarsi di te”.

Poi vedo quello di Piper di Streghe. E mi dico che al limite.. ma proprio al limite, quella più famosa è Alyssa Milano (non ci si preoccupi se non si sa di chi si sta parlando.. in questo caso “famoso” è davvero un aggettivo usato a cazzo) quella che fa Phoebe (si legge, a quanto pare, Fibi.. anche se su Friends dicono “Febe“. .boh salamadonna) e non questa Holly Marie.

Insomma mi arrovello un casino, poi l’impasto della frittata viene pronto, lo verso in pentola, la cuocio.

E bon.

Sei su Internet. dì il tuo nome.

Rita… Levi… MontalCIUini

Questa la pubblicità di un botto di anni fa per l’ADSL di Telecom (che ai tempi credo si chiamasse ancora BBBBroad Band Box e non ancora Alice) com protagonista la nota e nostrana Premio Nobel 1986 per la Medicina.

A dire la verità su Google trovo che la frase era “Pronuncia il tuo nome” (oddio, ho trovato anche molti che scrivono in italiese “dici il tuo nome”.. ma lasciamo stare) ma sia io che il Tagliaerbe ci ricordiamo proprio il “dì”.

Era una pubblicità spassosissima: questa tremula vecchina messa davanti ad un pc parlante (!!!!) che le faceva questa domanda e lei che rispondeva con il suo nome (però diceva montalCIUini).

L’idea, tutto sommato azzeccata, era quella che chiunque, anche una vecchia bacucca premio nobel e con 5 lauree, potesse entrare in internet facilmente e trovare tutto lo scibile umano semplicemente chiedendolo.

Idea affascinante, ma come sappiamo ancora oggi distantissima dalla realtà 🙂 Diciamo che possiamo usare una buona approssimazione toh..

Ecco, da anni io (ma so che lo fa pesantemente il già citato Tagliaerbe) usiamo questa frasetta quando ci vengono poste domande via internet, su cose di internet che basterebbe semplicemente sbattersi un po’.

Cose incredibili tipo “qual’è l’indirizzo internet di Repubblica?” trovano la loro soluzione con due metodi:

1. provi a digitare www.repubblica.it
2. usi google (o un qualunque motore di ricerca)

Nello stesso tempo impiegato per porre la domanda via messenger, su un forum, o via mail avresti ottenuto una Santa Risposta.

Insomma, troviamo imbecille utilizzare un mezzo che dà delle informazioni chiedendole in maniera ridondante.

Non per ultimo c’è sempre quel famoso detto (di cui non ricordo le origini ma poi cerco su google che tanto sarà una roba zen o giù di lì..)

se uno ha fame non dargli il pesce ma insegnagli a pescare

Ecco. Se ti insegno a cercarti da solo le informazioni la prossima volta non mi scasserai i maroni con domande inutili 🙂

E bon.

Caffè Nero Bollente

Ben più di un anno fa dichiaravo la mia intenzione di passare al caffè senza zucchero (lamentandomi del fatto che quantomeno agli inizi fosse una vera schifezza)

I motivi erano semplici: nulla di dietetico ma una maschia ammirazione per chi, con voce impostate e fare da macho, diceva al bar “no io lo prendo amaro”. Oddio e non solo: anche una Sana Curiosità visto la tendenza a inneggiare che quello era l’unico modo per gustare il Vero Caffè.

Quindi è un anno che ci do dentro. E posso finalmente affermare quanto segue:

è tutto vero

Non solo è vero che cambia moltissimo da bar a bar, ma è anche vero che quello buono pare fin dolce.
Oh, parliamo sempre di caffè espresso eh ? quello con la moka non ce la faccio, ma diciamo che sono passato da 2 cucchiaini a un “cicin” di uno. Una puntina insomma. Che poi è la tecnica che adotto nei bar dove lo fanno pessimo, uno sputino di bustina di zucchero giusto per mendare.

Ora ho pure dei bar di riferimento, dove so che non avrò sorprese 🙂

E c’è di più !!! Ora mi da fastidio quando lo fanno troppo lungo !! Prima manco me ne accorgevo…
Ora se mi fanno una tazzina con due dita di caffè mi sembra una brodaglia scura e inutile.

E c’è ancora di più !! Sono diventato talmente scassamaroni che se lo fanno troppo lungo chiedo di rifarlo con frasi tipo “scusi non le avevo chiesto un caffè lungo. Me lo rifà più corto ? Guardi che se è un problema gliene pago due eh ?”

Marò… mi sono trasformato in un caffèfighettuola.

Piccoli Gattini Crescono(2)


Ender oramai ha fatto amicizia con la cagnona a guardia della casa.
Giocano sempre, anzi comanda lui !!!!
Come vedete in questa foto sta redarguendo Trilly.
Di solito però si mette a pancia in sù e il cane se lo lecca tutto.
Il risultato è un gattino bianco e rosso ricoperto di bava di cane che ti corre per casa 🙂

Strani Segnali

É vero che con il tempo certe cose si dimenticano.
Specie se sono cose che non facciamo o vediamo o con cui abbiamo a che fare spesso.

Per esempio quando c’era da andare in posta o all’ACI per pagare il bollo auto (ora si usa internet con carta di creditorulez) una volta all’anno io mi dimenticavo sempre tutto. Dove andare, come compilare il bollettino, quanti razzo di cavalli fiscali aveva la mia macchina, ecc.

Ma ci si dimentica anche di altre cose, alle volte vitali.

Oggi parliamo di cartelli stradali.

Questi qui sotto si incontrano raramente, ma è bene ricordarli (sfido molti a ricordare cosa sono senza leggere :P)

DIRITTO DI PRECEDENZA NEI SENSI UNICI ALTERNATI
Indica che il conducente ha la precedenza di passaggio rispetto alla corrente di traffico proveniente in senso inverso nelle strettoie nelle quali è stato istituito il senso unico alternato.

DARE PRECEDENZA NEI SENSI UNICI ALTERNATI
Indica l’obbligo di dare la precedenza alla corrente di traffico proveniente in senso inverso, nelle strettoie nelle quali è istituito il senso unico alternato

In praticano sanciscono il diritto (il primo) e l’obbligo (il secondo) di avere/dare la precedenza in un “senso unico alternato”, nome forse che può far fare confusione ai più indicante una strettoia dove se, anche se non ci passano contemporaneamente due automezzi, si circola in ambo i sensi.

I cartelli quindi ci avvisano del fatto che, ad esempio incontrando il primo, abbiamo tutto il diritto di imboccare quella stradina che tanto quelli dall’altra parte si devono fermare.

A Gazzada Schianno (da molti ribattezzata “schianto”) c’è un unico modo per non farsi fregare dall’ Eterno Passaggio A Livello.
C’è un piccolo buco sotto le rotaie che ti fa scivolare in una stradina che ti evita parecchi scocciature.
Venendo da una statale è ovvio incontrare il primo cartello. Veniamo da una strada ad alta percorrenza e abbiamo tutti i diritti di passare per primi.
Gli altri al di là di quella piccola ma vitale galleria che stanno nel paesino hanno il secondo.

Giusto l’altra sera mi appresto a inforcare la comoda scorciatoia tronfio del mio diritto di precedenza.
Quand‘ecco che dall’altra una simpatica signorina mi vede, strombazza, accelera e passa guardandomi in cagnesco.

Abbasso al finestrino e mi trattengo da darle della lurida vacca, ma le dico “guardi che la precedenza è mia, non ha visto il cartello?”

Lei altrettanto soavemente mi risponde “MA QUALE CAZZO DI CARTELLO IMPEDITO, QUI SE É SEMPRE FATTO COSI’ E PASSA PRIMA CHI ARRIVA PRIMA, MA IMPARA A GUIDARE CAZZO!!”.
Sgomma e se ne va.

La prossima volta la centro, faccio un frontale e godendo del mio diritto mi rifaccio fare la macchina nuova (sperando che i CC che accorreranno conoscano , almeno loro, la segnaletica)

Ora un piccolo test e SENZA CERCARE SU GOOGLE (o simili) !!!

Cosa ci sta ad indicare il seguente cartello ?

Gratta (e vinci ?)

Ho sempre pensato che il gratta e vinci (e tutto il successo che ha avuto quantomeno qualche hanno fa) sia la “risposta italiana” al sogno americano.

Mi spiego: gli americani hanno sta cosa che dice più o meno “uno su mille ce la fa, chiunque può diventare ricchissimo o il presidente USA, ma solo se ci dai dentro sempre, chi non ce la fa cazzi suoi.”

Questo in soldoni. In questo modo dovrebbero spingere tutti a dare sempre il massimo. Chi non ce la fa dorme in strada visto che non c’è praticamente nessuna politica sociale e se ti investono al passaggio pedonale puoi rischiare di essere lasciato lì fino a che non trovano la tua assicurazione o la carta di credito.. ma questo è un altro discorso.

Quindi gli statunitensi vanno avanti al grido di “facciamoci tutto il culo che il migliore ce la fa” mentre da noi è più tipo “solo chi ha culo ce la fa e diventa il migliore”

In quest’ottica quindi ecco arrivare una pletora di giochi d’azzardo o di fortuna legalizzati che permettono alla massa di sognare un futuro migliore. Un santo armotizzatore sociale che rende più pingue la cassa dello stato.

La scena tipica tutta italica, per quello che mi è capitato di vedere, è la coppietta di sposini che dovendo affrontare spese per casa, mobilio, matrimonio e viaggio di nozze faraonici cominciano a grattare come se non vi fosse un domani sperando di, con una cetacea botta di culo, risolvere tutti i problemi per magia… Quindi grattano e grattano. E di solito grattano pure i parenti tutti, ina una gigantesca orgia sfavillante di residui argentati.

Addirittura mi è capitato di incontrare futuri mariti che scoprendo un bar dapprima sconosciuto si sono subito lanciati a comprarne taluni che “quel bar lì è poco conosciuto e mica che quello vincente sia proprio lì”… e cose così

Ma l’altro giorno all’autogrill ne ho vista una davvero nuova: arriva un tizio color cuoio (lampadato) con tutto quanto contraddistingue il tipico “fighetta milanese”. Orologione da 5k euro, e vestito che a sommarlo tutto ci vuole una calcolatrice.
Scende dalla sua macchina decapotabile (pareva una porche ma io di auto non capisco nulla), si fionda dentro e mi compra un 50 gratta e vinci.
Si apposta riparato su un tavolino e comincia a darci dentro. E gratta. Non vince e sbuffa. E suda. Più gratta più sbuffa e più suda.
Con le poche vincite che accumula riconverte in argentei cartoncini. E gratta e suda.
(non diventa rosso in volto perché come ho già detto è di quel colore lì tra il cuoio e il cotto fiorentino).

All fine sconsolato butta la pila di residui nel cestino e, incazzatissimo, se ne va.

So che è brutto e che è una mia mania sentenziare, o trarre affrettate conclusioni.
Ma secondo me quello lì non si doveva sposare immantinente… quello lì ha solo pisciato fuori dal vaso.. e di molto 🙂

Promozione

Capita che di tanto in tanto soffro di mal di testa.
Nulla di che eh, non stiamo parlando di emicranie da paura che manco riesci a ragionare.
Ma un sano, tranquillo, martellante dolore pulsante alle tempie che può rendere acidula una qualunque rosea giornata di sole.

Per questo motivo ho sempre una bella scorta di Moment 200.
Sì, lo so ! “guarda che il moment non fa nulla è meglio l’aulin o l’alternativa economica nimesulide
Che bolas.. L’aulin lo prendo solo se ho La Madre Di Tutti i Mal Di Testa, che mi sbatte troppo a terra e mi fa venire sonno.

Capita quindi che passo davanti ad una farmacia e dico “mah, meglio rifarmi la scorta di medicinali”, quindi entro e chiedo “moment 200″.

La tipa si assenta e torna con la scatoletta blu sulla quale campeggia un bollino dorato con scritto “Promozione -10%”.

La guardo con un sorrisetto che dice “ che culo eh”, pago ed esco.

E penso.

Penso ma a che cosa cazzo può servire una promozione del genere.

Una promozione di solito un negoziante la fa (in linea di massima e grossolanamente) per due motivi:

1. aumentare la clientela che entra nel negozio
2. fare fuori una scorta di merce che è lì da un po’

Nel primo caso si può anche utilizzare la tecnica del “prodotto civetta”: attiri la gente con un prezzo stracciamutande su una cosa sperando che, già che è lì, ti compri altro.. dove magari hai un succulento guadagno maggiore.

Questo vale per il 99% degli esercizi commerciali, diciamo.

Ma una farmacia….. boh..

Non è che mette fuori le scritte come i verdurai “INCREDIBILE !!! Oggi Moment 200 al 10% di sconto!! Su 20 mal di testa ne hai 2 GRATIS!!” e alè la gente che mi entra a frotte e già che c’è si butta sui preservativi alla fragola o sui mutandoni da incontinenza.

Non credo proprio…

E allora che senso ha quello sconto ?

La farmacia è uno di quei posti dove non è che fai shopping, che entri, giri e vedi se c’è qualcosa di interessante da acquistare.

Entri perché SAI cosa stai cercando o al limite perché ti è uscito un bubbone purpureo tra le sopracciglia e speri che non sia lebbra e che basti una cremina consigliatati dal solerte farmacista che per qualcosa avrà pur studiato…

Voglio dire.. se anche il Moment fosse stato a prezzo pieno mica avrei detto “no guardi vorrei confrontare i prezzi con la farmacia in centro e poi decido”

Cazzo ne ho bisogno !!! Ho mal di testa !!! Lo pago anche il doppio !!!!

mah…

P.S.
L’immagine l’ho messa solo perchè mi piaceva troppo eh 🙂 e poi l’ho trovata digitando “promozione” su google, indi..

Madrelingua

A parte che da piccolo ho sempre pensato che “madrelingua” fosse la lingua di tua madre. Tanto che mi ricordo che incontrando un certo François che si dichiarava madrelingua francese gli chiesi:

“Ah tua madre è francese ?”

“no, mio padre”

“ah, allora sei padrelingua francese”

“uh… sì… hai ragione”

Avevo una cosa come 7 anni eh, però sono quello cose lì che ti porti dietro per un po’ fino a che apri il dizionario e scopri che:

la lingua del paese d’origine, appresa nella prima infanzia

Mah !! parrebbe di capire che è la lingua del paese di origine, quindi se quel tal François è nato e cresciuto in un paese del Varesotto tipo Vergate Sul Membro non è di certo madrelingua. Ma forse sì visto che da bambino il papà gli parlava anche in francese. O forse no. O forse ‘fanculo.. ecco 🙂

I madrelingua (ma anche i bilingue, trilingue ecc.. quelli che vanno in un paese nuovo magari da giovini e mi tirano su una lingua come se fosse antanopps! come se fosse madre ecco…) hanno rappresentato per me un forte mistero.

Incontratene in passato ho sempre cercato di farmi rispondere a due domande impellenti:

1. “Ma quando sei tra te e te, tipo che stai guidando e pensi alla lista della spesa, in che lingua pensi?

A questa domanda non ho mai ottenuto una CHIARA risposta. Tipo il tizio cui sopra che dice “sempre e comunque in francese!!” o cose così.
Ho sempre ottenuto cose tipo “dipende” o “non lo so” o anche “non ci ho mai pensato”
L’ultima risposta mi ha sempre fatto imbufalire visto che mi verrebbe da chiedere “ecco se ci pensassi in che lingua lo faresti ??”
Ma nulla.
Risposte vaghe.
Forse semplicemente non posso comprendere visto che non essendo ne madre ne bi (lingue) non riesco a calarmi fino a in fondo, ad immedesimarmi fino a comprendere che per uno un bicchiere ha semplicemente due nomi. E bon.
Che se quel giorno lì si sente più francese lo chiamerà (pensandoci) “verre

Poi ho chiesto a Sanja che è venuta anni fa da Sarajevo.
Pensandoci un casino mi ha detto che se pensava a me (per dire) magari pensava in italiano, se pensava a sua madre, che magari doveva dirle delle cose, pensava in serbo. Ma che in generale non lo sapeva…. (grrr.. che rabbia..)

La seconda domanda parte da alcune esperienze vissute al mare a Riccione da infante, quando oltre alla solita calata dei crucchi vi si trovavano parecchi altoatesini.
Una mamma in spiaggia parlava con il suo bimbo dando i nomi delle cose sempre in due lingue: italiano e tedesco.
Quindi era tutto un “saluta froilain/signorina” o “mangia gelato/HäagenDazs ” (non so come si dice gelato in tedesco, ma era per farsi capire)

Il biondo bimbo mi veniva quindi bombardato da doppi nomi di tutto. A cannuolo.

E qui mi chiedo:

2. come diavolo fate a capire quando una parola è nell’una o nell’altra lingua ?

Voglio dire, non è che la madre prima di una parola diceva sempre “ocio che mo’ è in italiano” o “acthung nau ist in doich” (non so sempre il tedesco eh).

E quindi come mi fa il bambino maturando madrelingua a capire quando settare la parlata nell’una o nell’altra ?

Ci saranno dei periodi di adattamento dove uno mi parla un mix delle due e la mamma a correggerlo ?
Davvero non lo so.

Qualche madre/bi/tri/penta lingua legge ‘ste vaccate ?