Ed eccoli, sempre più cresciuti, il Gattino Ender (quello bianco e rosso) ed il Gattino Puck (beh… quell’altro no?)
Le due gioie del papà 🙂
Ed eccoli, sempre più cresciuti, il Gattino Ender (quello bianco e rosso) ed il Gattino Puck (beh… quell’altro no?)
Le due gioie del papà 🙂
Succede spesso che l’azienda per cui lavori, e che ti ha appioppato un teRRiBBile Cellulare Aziendale, cambi tutti i numeri in un colpo solo.
Magari c’è una bella offerta per le reti aziendali di uno degli operatori, una di quelle alle quali non si può rifiutare, magari anche un po’ stracciamutande, ed ecco arrivare una bella pletora di numeretti (di solito) sequenziali.
Siccome sappiamo bene che nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma come ci ha insegnato il buon Lavoisier, ma anche e soprattuto che non si butta via niente, dette compagnie sono use riciclare i numeri (che sono per definizione finiti, o almeno credo) per tutti i secoli dei secoli, ad libitum e amen.
Eccomi quindi proprietario di un nuovo numero, e fin qui tutto bene, mi si dirà.
Ma come tutti i telefoni aziendali è ERESIA, quantomeno per il sottoscritto, tenerli accessi fuori dall’orario di lavoro. Si spegne subito quando si è deciso che il tempo da immolare alla professione che in fin della fiera ha l’unico scopo di pagarci il tempo libero è bello che esaurito. E senza troppi rimorsi.
E anche fin qui tutto bene.
Così facendo però si tiene scollegato l’apparecchio durante il periodo normalmente dedicato dai più alla vita sociale, allo scambio di messaggi e alle comunicazioni più disparate.
Ecco, sono tre settimane che ricevo i più disparati SMS e messaggi lasciati in segreteria telefonica; che sono una bella palla.
Il tizio (o i tizi) che ha posseduto prima del sottoscritto tale numero doveva essere uno con una gran vita privata, di quelle articolate ed anche un po’ rocambolesche.
Vado alla spiega:
Segreteria dell’altra mattina
Salve, sono il direttore della banca. La sto cercando da settimane per chiudere quella cosa. Si faccia trovare !
Uhmamma che brutto quando ti cerca un direttore di banca…. di solito sono sempre granCazzi.
Ancora la segeretria
Buongiorno sono l’avvocato Filini. Le ricordo il nostro appuntamento, veda di non mancare.
Marò… pure l’avvocato. Se non sono razzi amarissimi questi…
SMS
Ciao sono Corinne, la mamma di Eric. La partita di Basket è fissata per lunedì prossimo alle 15.
Dunque dunque… O è un messaggio in codice da una qualche amante, oppure il tizio in questione mi ha pure figliato. E il figlio gioca a basket. Buono.
Segreteria
Pronto ? Pronto ???!?! Ma non risponde mai a questo numero ?? Allora ?? Mavaff…
Dunque, facendo delle congetture azzardatissime questo tizio è nei guai con la banca, con la legge, e quest’ultimo qui come minimo è uno a cui deve dei soldi.
La storia si sta facendo sempre più affascinante.
Se non che l’altra mattina arrivano a raffica un quattro SMS, scritti probabilmente nella notte.
1. Ma lo sai che hai degli occhi stupendi ? :*
2. Dai rispondimi, non farmi stare in attesa così.
3. Ti sto pensando. Sei troppo fantastica !!
4. Allora dai… rispondi.. non fare la bidonara 🙁
Dunque. Questo caso lo isolerei. Questo è il classico caso della tipa che da un numero di cellulare finto ad un tipo insistente.
Al quinto SMS, con una cosa del tipo “Dai chiamami”, ho dovuto rispondere.
“Hai sbagliato numero. Sono un uomo, 1 metro e 85 per 100 e passa Kg. E sono incazzato come un calabrone.”
Nessuno rispose….
Oppure questa immagine con il piffero che la si può vedere girare pure in senso orario come dice questo qui ?
Marò che periodo… Professionalmente parlando quantomeno.
Sono rimasto solo a gestire tutto l’EDP di un’azienda che sta cercando di superare una pesante crisi, e prima eravamo praticamente in 5.
É tutto un telefono che esplode, email che esplode, richieste a raffica , e quant’altro. Richieste che vanno dalle spelare un cavo fino a scrivere un programma urgentissimo per la trasmissione dei dati all’Agenzia delle Entrate. Passo quindi dallo stare sotto alle scrivanie, a spostare mobili e a dialogare con il Ministero in uno schiocco di dita.
E mi sento sotto pressione mica da ridere.
Giusto qualche tempo fa mi avevano girato questo articolo, che sostiene che in generale chi fa il mio lavoro subisce lo stesso quantitativo di stress che torchia un pilota d’aereo.
Ai tempi lo avevo bollato con un “mavacagher” roboante, ma soccia.. mi devo ricredere.. e di bella !
Ne cito un passo:
La causa principale di questo stato, secondo un professore di psicologia dell’Università del Michigan, è da ricercarsi nell’accumulo di più responsabilità in una persona sola e nel fatto che, se il sistema It perde affidabilità, a rimetterci è l’azienda nel suo intero. In una condizione che non ha soluzione di continuità e perdura per 24 ore nell’arco dei sette giorni. Fatte le debite proporzioni, il Cio si sente come il pilota di un aereo, con nelle proprie mani il destino altrui.
Ed anche:
praticamente tutti i Cio sentiti hanno rivelato di ricevere domande e richieste di intervento dalle più disparate fonti, anche in relazione a problemi ritenuti banali
In pratica questo avvalora quella famosa tesi per la quale tutti i “tecnici” all’interno di un’azienda hanno un atteggiamento acido, strafottente e perennemente incazzosetto.
Ci credo (ed in molti mi capiranno): per tutti quelli che telefonano il fatto che la mail abbia fatto “pling plong” invece di “pling pling” è un fatto urgentissimo, che va risolto subito !!!!
Ed è inutile spiegare loro come mai la risposta sembra arrivare direttamente da un cane idrofobo e molto, MOLTO incazzato.
Avevo pensato di stampare quell’articolo ed affiggerlo in sala caffè, sperando in un po’ di comprensione… Ma è tutto inutile.
Ci vuole solo un fucile a pompa. O un lanciafiamme…
Da sempre ho un’attrazione morbosa per le edicole.
É una cosa che mi porto dietro fin da piccolo, quando ero già un avido lettore di fumetti.
Che bei ricordi con il Corrierino dei Piccoli, La Pimpa o il Giornalino. Quanti pomeriggi passati a leggere e a rileggere le storie.
Ma non solo ! In edicola c’erano tutti quegli affari lì che potevi costruire, o cose da montare e costruire. Addirittura ti regalavano i fiori da piantare e altre cose astruse.
Era, per me giovine pampino, una sorta di Paese dei Balocchi, una fiera delle fiere, un mondo ricco di nuovi giochi.
Casso ma chi si ricorda (e varda che bisogna avere un po’ di annetti sulle spallucce eh) di quella rivista pseudo-ufologica che regalava una sorta di sacchettone nero di plastica leggerissima, delle dimensioni tipo di un mega sacco della spazzatura, che gonfiavi e poi scaldandosi con il sole volava tipo dirigibile ? (cit:marrone, senza elica e timone)
Siccome il materiale era fragilissimo si sventrava in fretta, e ricordo che avevo pure tentato di farlo con un sacco della nettezza, che avevo lasciato al sole tutto il pomeriggio, ma che proprio non ne voleva sapere di ergersi in volo.
E tutta una serie di cose così 🙂
Negli anni questa morbosità da edicola ha raggiunto dei picchi che manco Messner.
Fumetti, riviste di tecnologia ma anche un sacco di Magazine vari, maschili o meno, facevano parte del mio paniere di acquisto settimanale.
Soccia, l’edicolante di quando abitavo in Viale Belforte mi aveva fatto il cesto per Natale !!! E mica uno di quelli spuzzi eh, con magari solo panettone e bottiglia di aceto zuccherato con aggiunta di idrolitina, proprio uno bello! Di quello con la busta di salmone affumicato, le uova di lompo e il burro Soresina.
Quando ho traslocato il pover‘uomo era disperato. E ci credo, ai tempi del climax massimo di dipendenza da carta stampata gli lasciavo lì parecchie decine di biglietti da mille (lire) alla settimana.
Con il tempo mi sono dato una regolata. Ma la visita all’edicola riserva al sottoscritto ancora piacere sul filo dell’erotico, dell’onanistico.
E proprio l’altro giorno mi sono infilato “dietro”, in quel posto dove una volta si tenevano i pornazzi (Ifix Tcen Tcen !) e quelle riviste lì assurde, magari annuali, dell’uncinetto ed altre cose che boh… di solito stan lì a prendere polvere o ad ingiallire sotto il sole. Per tutti i secoli dei secoli, amen.
Ma ora l’approccio è cambiato, i pornazzi sono sostituiti da DVD in bella mostra all’interno (che oramai siamo tutti emancipati) insieme a quelle assurde raccolte di coltelli d’epoca, pipe, soldatini di ghisa, merletti, lampadine, chiavi e preservativi, anche usati.
Questa ad esempio si chiama “Carp Magazine”!!!! e sì, parla di carpe. Oddio si dirà così in inglese (un po’ come si dice serpent o “bisc“), ma il fatto è che è un’intera rivista mensile (sic) dedicata alla pesca delle carpe.
E quella dedicata ai mezzi da cantiere ? Co su tutte le foto di gru, muletti e quei macchinari strani guidati cmq da un uomo di cui non si capisce una ceppa ?
E quella interamente dedicata ai battiscopa ? Dalla scelta alla posa ?
Quella che ti dice tutto, ogni mese !, sul Dècoupage, ovvero l’arte di traferire le immagini su altri oggetti… tipo i trasferelli che c’erano sempre in edicola quando ero bambino.
Minkia, sono trasferelli !!! cosa avranno da dire tutti i mesi ???
Ma poi pensi “vabbè, se ci sono è perché qualcuno le compra”.
Ma l’editoria non era in crisi ?
É uscita la versione rieditata a nuovo del capolavoro annunciato di mio fratello, che si è lanciato in una nuova avventura: un’associazione culturale (XII) che è anche una casa editrice ed un gruppo di autori.
Un editore indipendente e no-profit che cerca di promuovere giovani scrittori, artigiani della parola.
Il suo libro è, come è da sempre nelle sue corde, di genere “horror” (poi mi dirà lui quale catalogazione preferisce :P) , visto che i suoi maestri sono da sempre King (“stiven ching”) e Koontz e come per’altro dice lui stesso in questa intervista su False Percezioni.
Insomma, l’è ul mè fradel e a l’è tant brau, e il suo libro è in promozione a soli 8,33 euri!
(io ne ho comprate 3 copie)
Gonfio di orgoglio e malcelata vanagloria mi permetto di segnalare qui i miei post su AppuntiDigitali.it
(mi si perdoni)
Grazie per la cortese attenzione 🙂
Si dice che i pesci rossi abbiano una memoria molto breve: riescono a conservare i ricordi per qualcosa come cinque secondi.
Per questo vivono bene anche in ambienti piccoli come gli acquari.
“Oh bello, guarda quante bolle d’aria!”
“Ma queste piante acquatiche sono di plastica?”
“E tutti quegli altri pesci rossi là? Devono essere appena arrivati…”
“Oh bello, guarda quante bolle d’aria!”
E così via….
Io da tempo uso la scusa della “memoria dei pesci rossi” quando non ricordo la maggior parte delle cose che mi si dicono, soprattutto dal punto di vista lavorativo.
Un numero da ricordare, una persona da richiamare, una mail da inviare, o un appunto in generale comunicatomi magari di fretta sulle scale, sparisce dalla mia memoria breve entro MASSIMO 10 secondi netti. E non torna più.
Di questo problema di solito avviso amici e colleghi e dico sempre “sì ok, ma tanto non me lo ricordo, mandami dopo un appunto via email/sms/etc.”
Ma fosse solo questo… in realtà non ho memoria in generale.
Del tipo che ricordo il testo di un sacco di canzoni, racconto aneddoti di cose capitatemi anni fa, cito a memoria i film indimenticabili, ma non ricordo quasi null‘altro.. figuriamoci persone, visi, nomi incontrati anche (non troppo) fugacemente !
Non essere fisionomisti poi è un macello ! Non riconoscendo nessuno, ti sembra di riconoscere tutti !!! E mi capitano delle cose del tipo che magari uno mi fissa un po’ mentre sono il fila alla cassa del supermercato e io dopo un po’ gli faccio un cenno di saluto.. che non si sa mai… Se il tipo mi guarda sorpreso, giro la testa da un’altra parte e faccia finta di nulla.
Però uno se ne fa una ragione e bon. Non mi ricordo e bon. E se qualcuno mi dice “ma come non ti ricordi quell’estate nel 92 che ci ha presentati Don Semenza al concerto di Drupi ? … che tu avevi la bandana in testa e giravi con quella strana moto..” ; io sono costretto a rispondere “no guarda mi dispiace ma non ti offendere…. la sai la storia della memoria dei pesci rossi ?”.. e di solito me la cavo via così.
L’altra sera però me ne è successa una incredibile.
Esco dal Jappo di Varese e vedo un tipo che mi luma duro.
É fermo al passaggio pedonale; fisso; ritto; incuriosito.
Mi guarda arrivare, con quell’espressione del “ma io ti conosco”
Ora, c’è da fare un’altra premessa. Come ho già avuto modo di dire quelli come me grandi, grossi, rasati e con il pizzettone sono tutti uguali. E mi è capitato sovente di essere scambiato per qualcun’altro (con anche dei risvolti gustosi del tipo “mannò !! tu sei il bassista che ieri suonava alle Scimmie !! quello che poi è andato via con le due coriste di colore !!”.. ecco quella volta lì ho risposto “sì ero io”, ma di solito non lo sono mai.. ecco), quindi aspetto che il tizio parli per dire “no, non sono io. ti confondi con qualcuno che mi somiglia”.
Ma questo persiste. Punta il dito e dice “Ma tu sei mica Luca Cassia che andava all’asilo a Bizzozzero ?”
Prica, sono io.
“Sì in effetti mi chiamo così e andavo in quell’asilo lì… ma perdonami.. tu chi sei ?”
Il tipo si rattrista: “Ma come non ti ricordi ? Sono Luigi. Eravamo inseparabili. Giocavamo sempre insieme e a carnevale ci siamo vestiti tutti e due da messicani con il sombrero. Non ti ricordi di Suor Evelina (che noi chiamavamo tutti Suor Charles Bronson per via dei suoi baffi) e di Suor Lisetta (Suor Groucho Marx, stesso motivo) e di quella gran rompiballe di Suor Savina (Suor Dalì, vedi sopra)?”
Io ovviamente non mi ricordo. Nulla.
Casso ma dei tempi dell’asilo ho solo dei vaghi flash. Cosa avevo ? 4, 5 anni ?
Ho una vaaaagggaaaa immagine del luogo, e delle persone che c’erano.
Come mentula si fa a ricordarsi ?
E poi, hai in mente di cosa uno è cambiato dai 4 anni ai 38 ???
Ero un bambino con tanti capelli biondi e ora sono un colosso sovrappeso senza capelli con la barba di Leonida dal film 300 (o quasi) !
Gli chiedo scusa, visto che non ricordo nessun Luigi.
Anzi, con una coda di paglia lunghissima gli dico che adesso che mi dice sì, mi pare di.. sì dai mi ricordo.
Ma ‘sto cazzo, invece.
Alla fine ci siamo scambiati i cellulari, con la promessa di rivederci e di raccontarci gli ultimi 34 anni.
Ma io mi sento lo stesso una merda….
Ieri sera mamma Elisa ha dato alla luce Alessandro !!
Aguri a Elisa (mandala il suo nick) , Mauro e al nuovo arrivato !!
Certo che è un periodo prolifico eh 😀
Ovviamente ora partono tutte quelle cose del tipo “se noi avremo una femmina li facciamo sposare” e tutte quelle cose lì che quando ero un bambino (e degli amici de miei genitori avevano avuto una femmina un anno dopo di me) mi facevano imbestialire.
Ti accorgi però che con il passare degli anni le cose che ti sembravano delle Solenni Coglionate e che ti ripromettevi di MAI dire e/o fare diventano così “carrrrRRRRine”.
Ecco un altro segno dell’età che avanza (intendo oltre ai peli che smettono di crescere dove dovrebbero e cominciano a crescere dove NON)
Ma questa è un’altra storia….
Ancora auguri 🙂
Sarà che ultimanente il mio lato “maestrina” (ma che potremmo tranquillamente chiamare “saccenteria“, visto che di questo si tratta) è più scatenato che mai, ma voglio riprendere un post dove parlavo delle parole utilizzati dagli algoamericani che “sembrano” italiane.
Anzi no, ‘sto giro parlo di alcune parole che ho notato essere utilizzate da David Letterman durante il suo Late Show, che ovviamente trattandosi di lingua italiana non potevano che riguardare il cibo.
Ocio, è OVVIO che non sto parlando dei vari “spagheddi” o “lasagni” o “salami” ovvero la buffa pronuncia che hanno di parole di per sé intraducibili. Parlo dello strano fenomeno di utilizzare vocaboli italiani per pietanze che bene o male hanno un loro corrispondete nella lingua di Albione.
“Prosciuddo”
L’altra sera David raccontava un gustoso aneddoto su una signora che cercava un “Prosciuddo Sandwich”. Lì per lì mi pareva strano. Pensavo di aver capito male la parola.
Poi penso “certo per loro magari Ham identifica il cotto, e per quello crudo usano la parola Prosciutto”.
In effetti pare sia così: cercando con Santo Google si trovano innumerevoli ricette (!!!) per creare un gustosissimo sandwich al crudo.
“Bologni“
Ieri sera è stata la volta del “Bologni Sandwich” e, inutile a dirlo, Google mi ha dato la stessa risposta. Ma qui ci sta: evidentemente in USA non hanno un salume simile alla Bologna.
Ma poi è arrivata una cosa strana.
“Biscodi“
Orpo qui ci uscivo di testa. Di biscotti ne hanno a bizzeffe, di tutte le fogge e di tutti i gusti.
Mi viene in aiuto Wikipedia, che mi racconta che per gli inglesi i “biscodi” fanno parte dell’ “Espresso Bar Experience“. Quindi per loro tutto ciè che è italiano (dall’amaretto al bucaneve) è un “biscodi“. Anzi no, questo in linea generale; in senso più stretto stanno ad indicare i “Biscotti di Prato”, ovvero i cantucci toscani (o cantuccini).
Tutto ciò non può che far riflettere….
Gli inglesi, ed in generale in nord-europei, hanno una sola parola per descrivere prosciutto (ham) ed una sola per il formaggio (cheese).
Mi è capitato all’estero più di una volta una macchietta del tipo che qualcuno mi chiedeva se volevo del formaggio e io rispondessi “che formaggio?” ottenendo come reazione uno sguardo tra il buffo e l’infastidito.
Cioè, a me sembra una domanda normale.
Se è vero che se alla risposta “che prosciutto” si può tendenzialmente rispondere “cotto o crudo” (dimenticandosi le N varianti del solo crudo – dal Parma al San Daniele – e senza entrare nei casini del cotto – dalla Spalla al Praga – ) è indubbio che alla domanda “che formaggio” le risposte possono essere nell’ordine delle centinaia.
Voglio dire, se mi propongono un “Cheese Sandwich” si potrebbe variare dall’aggressivo e molliccio Gorgonzola fino allo stagionato ed arcigno Pecorino, passando da una pletora di sapori, profumi e consistenze che “apriti cielo”!!!
Per gli inglesi invece il formaggio è formaggio, e se vuoi un panino al formaggio quello è. E bon.
Nei posti più ricercati è quindi tutto un “mozarella cheese” o un “provolone cheese“. Ma questo nei posti “cool“.
Per la gente normale il “cheese” è sempre quello.
E tutto ciò è molto triste… nevvero…