Ho sempre odiato le palestre.
Vuoi per ‘sta cosa che ci van tutti, vuoi perchè tutto sommato ci devi andare se la natura non ti ha graziato con un metabolismo da colibrì e tutto sommato sei un gaudente con gli occhi più grandi della bocca.
Le palestre sono piene di edonisti, di modaioli con l’ultima tutina in lycra, di gnocche e meno gnocche dai completini improbabili, di sedicenti stalloni con pacchi enormi a vista (ma da quando ho visto in vendita le mutande imbottite non credo più a nulla, manco al sorgere del sole).
In quella palestre lì si suda pochissimo, si chiacchera molto e probabilmente (da quello che leggo sulle riviste per maschi) si cucca un bel po’.
In quelle palestre lì qualunque superfice è ricoperta da specchi. C’è lo specchio pure in bagno. Dietro la tazza intendo. Non si sa mai che anche in quei momenti è carino rimirarsi il pipino (o sistemarsi l’imbottitura).
Nella mia palestra (Canotteri Varese) gli specchi non ci sono.
Ce n’è uno solo davanti alla vasca della voga per correggere i movimenti sbagliati.
La palestra puzza di sudore in maniera a volte apocalittica. Tanto che ti chiedi se sul lago è improbabilmente spiaggiato un capodoglio che sta lentamente decomponendosi. O se lo spogliatoio viene talvolta utilizzato per scuoiare qualche opossum.
Nella mia palestra la lycra è indossata solo dagli agonisti. E quelli lì ne hanno ben donde.
Nella mia palestra si suda tantissimo. E vi sto costrunedo pezzo per pezzo, muscoletto per muscoletto, goccia di sudore per goccia si sudore il nuovo me stesso.
(ma si cucca niente…)